
Il suo nome, la sua arte, la sua influenza parlano da sole. Avrà avuto anche un pizzico di fortuna, ma ciò non indebolisce o tanto peggio cancella i suoi meriti:
Akiko Yano è con ottime ragioni uno dei nomi più famosi all'estero, una delle artiste che è riuscita a strapparsi dall'indifferenza che circola sulla musica giapponese e a collaborare con musicisti di prestigio provenienti da tutto il mondo. Per un'artista della generazione degli anni 50, a maggior ragione questo è motivo di ammirazione e perché no, pure rispetto, per chi la storia ha contribuito a costruirla (senza voler per forza dare un'accezione da panegirico al tutto). E fosse soltanto per il suo primo disco, il concetto varrebbe allo stesso modo, senza alcuno sconto. Vediamo un po' chi è stata e chi è Akiko Yano.
Nata come
Akiko Suzuki a Tokyo, si trasferisce poco dopo ad Aomori, ed è qui che cresce. Si scopre molto velocemente che la giovane ha una particolare propensione per la musica: da quando ha tre anni, la giovane Akiko comincia a suonare il pianoforte, svelando in poco tempo il suo talento. E infatti, a soli quindici anni la ragazza si trasferisce da sola a Tokyo e frequenta la
Aoyama Gakuin Hish School, scuola nella quale comincia ad inseguire il sogno di una carriera nel mondo della musica. La gavetta viene da sé: il suo stile ben si delinea con quello dei jazz club che comincia a frequentare, nei quali le sue incredibili capacità al pianoforte le valgono l'apprezzamento da parte di molti suoi colleghi. Il momento del suo debutto discografico è davvero vicino.
Momento che arriva nel 1976, allorché esce “
JAPANESE GIRL”, uno dei più intensi debutti di sempre, e tra i crossover meglio riusciti tra Oriente ed Occidente. Registrato a Los Angeles e prodotto con la partecipazione di
Lowell George e dei suoi
Little Feat (tra le migliori rock-band americane anni 70), il disco propone un'autrice con le idee chiarissime, forte di una maturità invidiabile e di capacità compositive straordinarie. Art-pop, jazz, funky e blues-rock si fondono con il teatro
kabuki, l'avanguardia giapponese e il folk tradizionale, per un ibrido tra i più avvincenti e coraggiosi di tutta la storia del “rock” giapponese.
Un connubio che le porterà grosse soddisfazioni, tanto da farle cominciare una parallela avventura anche con la
YELLOW MAGIC ORCHESTRA, fondata proprio di recente. Lo scambio tra lei e il terzetto techno-pop sarà felicissimo: i tre parteciperanno attivamente nei dischi della Yano, e lei stessa farà parte dei loro tour trionfali per tutto il mondo, cosa che riuscirà a farla notare anche a platee ben diverse da quelle del Giappone (fatto alquanto raro, per una Giapponese di quei tempi). Ed è proprio così che nasce l'idillio tra lei e
Ryuichi Sakamoto, per una relazione che li porterà prima alla nascita della figlia
Miu (anch'essa conosciuta musicista e cantautrice) nel 1980 e al matrimonio nel 1982.
La collaborazione con la YMO diventa sempre più intensa, tant'è che appariranno nel suo quarto album “
Gohan ga Dekita yo” del 1980, che ha la particolarità di essere uno dei primissimi album ad essere distribuito in formato CD. Nel frattempo però, aumentano anche le attività con musicisti provenienti da tutto il mondo: non soltanto i Japan di
David Sylvian, ammiratore di Sakamoto e suo grande amico, ma anche
Pat Metheny, i
Swing Out Sister,
Thomas Dolby, e molti altri ancora saranno motivo di ottime collaborazioni e partecipazioni da parte dell'artista, arrivata così ad avere una posizione di assoluto rilievo nel cantautorato femminile del suo Paese e non soltanto.
Nel 1992 arriva la scelta di separarsi da suo marito, completata poi con il divorzio arrivato però soltanto nel 2006. Continua indefessa però la sua attività discografica (sette dischi nei soli anni 90, altri cinque a seguire) e la sua intensissima attività dal vivo, adesso slegata del tutto da quella con la
YMO (oramai scioltasi). La sua collaborazione assieme a
Hiromi Uehara, il lavoro come compositrice di colonne sonore e come doppiatrice (è stata membro del cast di doppiaggio di “
Ponyo sulla scogliera” di
Hayao Miyazaki, prestando la propria voce per le sorelle della protagonista), i riconoscimenti all'estero (che la portano anche ad incidere tre dischi per la
Nonesuch Records) sono soltanto alcuni tra i vari progetti che la musicista ha portato avanti negli anni Novanta e negli anni Zero, che l'hanno vista muoversi da assoluta protagonista, anche senza ottenere il reale riscontro del pubblico più generalista.
Poco male comunque: per un'artista la cui carriera supera abbondantemente i trent'anni (quante e quanti possono vantarsi di un iter simile?), che ha coniato un linguaggio espressivo oltre stili e tendenze, che ha una legacy e un peso così ampio e sfaccettato, serve davvero la conferma delle classifiche?