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Fayray
recensioni
di zefis90
Pubblicata il 28 Febbraio 2010
E' un po' imbarazzante attendere alla stesura di questa recensione, e probabilmente, chi ha letto le altre, risulterà spiazzato da quanto sto per scrivere. E anche giustamente, perché la nostra Fayray, prima di diventare la galante e raffinata autrice di lenti da antologia e di accorate ballate, si è concessa un periodo curiosamente più graffiante, movimentato, se si vuole anche più tamarro, una sorta di sbornia adolescenziale dalla quale, e bisogna anche dire fortunatamente, Minako ha visto bene di uscire, volgendo il suo sguardo verso orizzonti a lei ben più congeniali. Non che “CRAVING” in sé sia così spiacevole, tutt'altro. I bei momenti questo disco li sa offrire, eccome, ed il fatto che rappresenti un unicum in una carriera anni luce da tali temi ce lo fa piacere ancora di più, ma Fayray, onestamente parlando, non raggiunge di certo il vertice della sua ispirazione e non mostra tutta la sua bravura con lavori a cavallo tra la techno più manierata e il teen-pop più denaturato, motivo per cui occorre ringraziare la nostra che non ha esplorato oltre questo genere, approfittando invece del suo straordinario talento cantautoriale per offrirci dischi di ben altro spessore. Ma rispetto a quanto detto, l'introduzione sembra invece tendere ad atmosfere totalmente differenti. Aprendosi al rimbombo di tacchi su un pavimento, “in four~Love always,” mostra sin da subito l'eccellente dimestichezza di Minako col pianoforte, in poco meno di due minuti in cui ci si perde nell'abbraccio di una melodia sapiente e nostalgica, dove perdersi e naufragare. Ma scordatevi un andamento del genere nell'album (l'unico che sembra prealludere alle tendenze complessive della futura carriera): come è già stato detto, ben altri sono gli stili che Fayray ha scelto per la sua opera di debutto, e mette a tacere ogni dubbio sin da subito, con l'avvio della prima traccia vera e propria: “Taiyou no gravity”, con la sua apertura così sintetica ed elettronica, non può che spiazzare. Uno dei pochi higlights nell'album, è un brano che non si allontana sostanzialmente dal canone pop di fine anni '90, caratterizzato da beats frizzanti e molto scanditi, e da una certa brillantezza nelle ritmiche, ma che lo ripropone in chiave diversa. Accanto al dance-pop di cui si compone il brano infatti, Fayray sceglie di accostare anche certe sonorità rimandanti alla realtà sudamericana, con l'uso massiccio di maracas durante tutto il corso del pezzo, che paiono quasi trasportare l'ascoltatore durante il celeberrimo carnevale di Rio, nell'atmosfera festante e stradaiola di una delle festività più note al mondo. Forse un po' abusate certe soluzioni musicali a chi questo genere non rientra tra i preferiti, ma indubbiamente mostra un lato di Minako al quale siamo poco abituati, un lato divertito, che si prende poco sul serio, il quale non può essere che apprezzabile, fa vedere che un'artista si evolve, ama sperimentare, non si attesta per facile denaro sugli stessi parametri. “NEON TETRA” accentua ancora di più i dati sintetici e technoidi, alle prese con un vibe perfetto per essere inserito in discoteca. Non aspettatevi comunque tratti dell'electropop imperante in Giappone negli ultimi due anni, che quello proposto da Fayray è tutt'alta cosa. Più vicino al synth dei Human League che alla techno di yasutaka nakata, il pezzo viene interpretato dalla cantante splendidamente, che si inerpica in maniera meravigliosa su una base ricca e fastosa, non memorabile, ma sicuramente tra le migliori proposte nell'album, grazie ai vocali caldi ed accoglienti, alla scelta accurata delle tonalità utilizzate, e al lirismo non scontato con cui spiega un brano sostanzialmente freddo e privo di grandi emozioni. “Daydream Cafe”, al contrario, mette in risalto la vena più latinoamericana del disco, senza comunque disdegnare i lati più sintetici e ritmati di cui l'opera si contraddistingue. Potenzialmente avrebbe potuto assurgere tra i migliori nel lavoro, ma la base veramente scialacquata (una tastiera che tocca qualche nota qua e là, e beats elettronici che fungono da mero sussidiario della scontata melodia) non premia la voce, che invece avrebbe dovuto avvalersi di una musica più scandita, meno prevedibile, e più attinente al feeling melodrammatico che tutto il cantato trasmette all'ascoltatore. Purtroppo una melodia solida e corposa rovinata da una base tra le peggiori per un pezzo di tale portata. Anche “PURE WHITE” non rientra nell'esiguo corpus delle tracce che si riescono a salvare, anche se tutto sommato, un tentativo di proporre qualcosa di più particolare c'è stato. Brano quirky, piuttosto frizzante come lo è “Taiyou no gravity”, presenta comunque una base più articolata e azzarderei affermare, claustrofobica, rispetto a quest'ultima traccia, ma che trova comunque il suo punto debole nell'essere fin troppo invadente e nascondere la voce di Minako, che a tratti pare quasi soffocare e annaspare, non riuscendo a dirigere con la giusta grinta l'andamento generale del pezzo, che a tratti stenta a procedere. Fortuna che ci pensa la vera punta di diamante dell'album a salvare la tendenza calante del lavoro: “Same night, same face” non è un pezzo che lascia indifferenti, o lo si ama (come è comprensibile da quanto appena scritto, è proprio il mio caso), o lo si aborre, senza compromessi. Traccia di un kitsch che sconfina nel magnifico, patinata e tirata a lucido come solo la musica nipponica sa esserlo, è un alternarsi frenetico di scariche elettriche, di voltaggi irrefrenabili, trascende il pop flaccido da cui si diparte per tirarne fuori un brano di grandissimo valore, brano che adempie al suo dovere smuovi chiappe nella maniera migliore in assoluto. Efficacissimo, il pezzo per antonomasia del disco, quello che ne incarna meglio l'anima clubbara e ruffiana. “YURA・YURA~Vibration”, al contrario, ha sì una piega da discoteca come il precedente pezzo, pur smorzata dal vasto impiego di trombe che si riversano a macchia d'olio nel tessuto melodico, ma di certo questo piccolo elemento innovatore non recupera dalla scontatezza che pervade la traccia. Vocali vocoderizzati allo stremo, testo che anche a non comprendere il giapponese ci si accorge subito di quanto sia scontato ed infantile, ricordando molto, nell'insieme, un brano da anime di serie B che fa veramente desiderare di premere il fatidico tasto “skip”. Uno dei punti più bassi dell'album. Anche “UNTOUCHABLE GIRLS” non è da meno, ad ogni modo, nell'insieme. Aprendosi con un certo feeling hip-hop anni '90, che si attiene comunque ai valori elettronici adottati nel lavoro, si confa di un pop piacevole fresco e carino, ma sostanzialmente non è che sia qualcosa di molto palpabile e consistente. Il pezzo , nel suo intiero, appare alquanto zuccheroso e fiacco, per quanto gradevole come musica di sottofondo, una eurodance che già allora appariva datata in questa riproposizione, figuriamoci adesso, undici anni dopo l'uscita del disco. “Powder veil”, al contrario, è più cadenzata, dalle sonorità più marcate e maggiormente attente anche alla dimensione melodica e compositiva generale. Anche stavolta si attestano dei forti ed evidenti rimandi alle realtà musicali latinoamericane, in particolare ad una certa maniera spagnoleggiante di trattare il contesto prettamente strumentale, come è già emerso in altri brani in precedenza. Canzone piuttosto levigata, molto smussata negli angoli e nelle imperfezioni, ricorda alla lontana “La isla bonita” di Madonna, facendo a meno del sound elettronico imperante, e proponendo in conclusione qualcosa di decisamente diverso e avulso dal contesto predominante nell'album. “Craving” è l'unica ballata presente nell'album (e meno male, un sound del genere, in un disco così poco imparentato con certi stilemi sarebbe risultato un incastro alquanto forzato), in cui Minako, a tratti, sfoggia un inglese veramente splendido ed efficace, soave e delicato, proiettandosi in un cantato leggiadro, dai tratti quasi evanescenti a volte, che però affoga in una musica che, come sempre quando si tratta di lati negativi nella qui presente fatica, è l'anello debole della composizione. Comunque il piglio romantico della melodia salva comunque dal tedio e riesce a ristabilire la situazione a dei livelli accettabili. Per chiudere, “Daydream Cafe (DA MIX)”, una nuova versione della già fiacchina traccia originale, che rarefa ancora di più la musica, e fa sprofondare quel poco di buono che c'era in una lagna senza soluzione di continuità, onirica fino all'estremo insopportabile, in un remix che avrebbe potuto porre rimedio agli errori donando più corpo e spessore ad un brano che veramente è stato troppo sottovalutat sia da Fayray che dagli stessi suoi collaboratori. Un modo piuttosto inconcludente di chiudere un disco fin troppo maldestro in certi passaggi. Anche se la resa nelle canzoni di questo sound così ritmato e potente non è emersa come si sarebbe potuto aspettare da una del suo calibro, tuttavia per una prima prova il tentativo vale la pena dell'ascolto, anche perché un album del genere, a seguito di quanto già detto in precedenza, costituisce un caso isolato nella sua discografia e fortunatamente Fayray ha visto bene di cambiare rotta e volgersi verso altre, nuove, ed emozionanti atmosfere. Qualità complessiva delle tracce: 6.5 Musica: 6 Voce: 8 Copertina: 7
6.88
Media dei voti degli utenti: 6.25
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Kikkokat
Voto: 6
http
mail
Ti dico solo una cosa: "SAME NIGHT, SAME FACE!!!" :)
2010-03-01 11:26:07
#02
mari
Voto: 6.5
mail
Album carino, non eccellente ma comunque discreto; un particolare che ho notato è il fatto che risulti un pò disomogeneo: la godibile intro “in four~Love always,†non ha nulla a che fare con il contesto dell'album, il che mi ha un pò spiazzato, "Tayou no gravity", "NEON TETRA", "PURE WHITE" e "Powder veil" sono delle ottime tracce, al contrario "Daydream Cafè" (e il remix, che trovo anche io proprio una disgrazia) e "INTOUCHABLE GIRLS" sono un vero fallimento, l'ultima in particolare l'ho dovuta ascoltare moltissime volte perchè la dimenticavo immediatamente, non mi è mai piaciuta...'Same night, same face" lascia perplessi, non saprei dire (giusto perchè il recensore l'ha detto) se la amo o la disprezzo, ma non mi convince totalmente; infine ci sono “YURA・YURA~Vibration†e "Craving", la prima essendo allegra si ascolta con piacere in ogni momento, la seconda la trovo molto carina, anche se segue i tipici canoni della ballata tradizionale e manca di quel sentimento che sarà parte completa delle ballate successive a questo album.
Se l'album non funziona è perchè Fayray ha avuto un ruolo marginale nella sua composizione, quindi manca quel sentimento, quella personalità che tirerà fuori in seguito, un altro punto riguarda la voce della cantante, che trovo un pò inusuale per il genere che costituisce "Craving" (basti pensare a tutte quelle idols dalla voce dolce e infantile) non sarei in grado si dire però se questo è un punto a favore o a sfavore di questo lavoro.
2010-06-14 20:04:37
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