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JUNSU
recensioni
di mari
Pubblicata il 16 Dicembre 2013
Riproposta ed aggiornata il 03 Gennaio 2014
Si sono dovuti aspettare due anni dalla pubblicazione del primo singolo giapponese “XIAH”, accontentandosi poi di un paio di singoli digitali coreani nell'attesa, ma finalmente nel 2012 Junsu torna più determinato che mai alla sua carriera musicale solista con la realizzazione del primo album “Tarantallegra”, il tassello iniziale di un percorso dalle molte sorprese. Se c'è un aspetto di questo disco che colpisce subito, questo è la forte impronta personale che il ragazzo ha voluto dare alla fatidica prova: è lui che tiene in mano la situazione occupandosi spesso dei testi, delle musiche e degli arrangiamenti, una scelta indubbiamente coraggiosa per un giovane cantante nell'ambito di un mercato nazionale in pugno a pochi produttori di successo. L'album parte quindi idealmente molto ambizioso, come lo è anche il sound, maturo e curato. Da parte sua, Junsu ambisce infatti a dare forma ad una personalità musicale definita, la quale si esprime nell'album, come verrà descritto meglio in seguito, in due linee principali: da una parte la ballata (spesso R&B, ma anche sobria e accompagnata da archi) e dall'altra la dance music si dividono lo spazio di netto con due atteggiamenti diversi come il bianco e il nero; e, anche se la produzione è ottima, i rischi sono molti, dal momento che ci sono da gestire bene i toni dell'intera tracklist oltre alle difficoltà insite in una prima prova. Sarà riuscito il nostro cantante a mostrare il suo talento e aver costruito un album, oltre che sofisticato, piacevole da ascoltare?
Il disco si apre con una introduzione di poco più di un minuto, la strumentale “Sunset”. Il clima del brano è cupo e misterioso, sorretto da tocchi decisi di violoncello e dance beat aggressivi e sensuali; per quanto breve, il pezzo è molto intenso, d'effetto e dà la carica giusta per procedere al resto. “Tarantallegra”, la canzone promozionale del disco, si innesta sulla stessa riga della precedente (una sorta di antipasto di questo brano, uno dei più belli nel lavoro): si tratta di un pezzo molto particolare poiché punta sull'atmosfera più della melodia. Gli archi, l'accorgimento più evidente dell'arrangiamento pregevole, sono fusi ad un generale spirito R&B/dance. Dal punto di vista strutturale le strofe sono lente, erotiche e il nostro cantante si muove perfettamente a suo agio, plasmando la sua voce senza alcuno sforzo, mentre il ritornello è più concitato e calcato grazie ad un frizzante tappeto elettronico. In mezzo agli arabeschi sinuosi degli archi, Flowsik (membro degli AZIATIX che qui collabora) detta continuamente il ritmo del pezzo con inserti rap rochi e ripetuti, dando un contributo praticamente imprescindibile al risultato finale. In quanto traccia promozionale, la canzone è molto interessante perché evita qualsiasi stratagemma da quattro soldi a scapito persino dell'orecchiabilità immediata, ma in questo caso di fare qualche ascolto in più per apprezzare il brano ne vale davvero la pena. Si va in pista da ballo con la successiva “Set Me Free”, in compagnia del rapper Bizzy. La sequenza di beat scandita, effervescente e veloce, trasmette molta energia, ma purtroppo, come in altri brani movimentati del disco, manca una componente fondamentale: la capacità della melodia di essere orecchiabile, poiché non ci sono scansioni nette e un ritornello abbastanza catchy che emerga rispetto al resto. Così, senza che ci sia nessun intoppo nella realizzazione, la canzone si rivela piatta e attraente più in superficie che nella sostanza. In seguito i toni vengono smorzati con “No Gain”, che è la prima ballata dell'album, anche se, tra le tante, è una delle meno riuscite nel complesso. La canzone infatti fa leva su un insipido ritmo R&B (e stavolta il fatto che Junsu sia adatto nel cantare brani di questo genere lo salva ben poco), accompagnato in sottofondo dai tasti del pianoforte più impersonale della piazza. Il romanticismo che pervade la canzone è poco comunicativo, talmente sotterrato da cliché prevedibili da rendere irritante pure l'atmosfera leggera e luminosa del pezzo. Tuttavia il nostro cantante ci riprova con l'ulteriore lento “Sarangi Sirtaguyo”, per fortuna più avvincente dal punto di vista emotivo. È l'atmosfera maggiormente sobria, ma morbida e avvolgente, a lasciare a Junsu tutto lo spazio di esprimersi sotto un pianoforte stavolta in sintonia con i sentimenti delle intenzioni e centrato nel contesto. Il ritornello è molto brillante, con archi sfumati, dove i lunghi vocalizzi si liberano con classe. La canzone quindi è molto elegante, piuttosto tradizionale nella melodia, ma alla larga da certe tendenze americanizzanti della precedente che non hanno avuto l'esito sperato. Concludiamo momentaneamente la parentesi sentimentale con “Dolgo Dorado”, anch'essa canonica nella melodia, eppure assai sofisticata nella fattura. Il brano è molto simile al precedente (semplice ma con gli accorgimenti giusti, dà spazio alla voce) e Junsu esibisce un'interpretazione sentita, lontana da qualsiasi sbavatura, perfino elettrizzante. L'arrangiamento è reso flessuoso dagli archi delicati e dalle voci femminili alla fine di ogni ritornello, che adornano la composizione di un velo gentile tipico delle armonie orientali; di conseguenza è il brano più coinvolgente dei tre. “Intoxication” è invece una delle canzoni più rappresentative dello stile del ragazzo, è stata inserita nel primo singolo giapponese “XIAH” ed è considerata da molte fan il brano più bollente del suo repertorio fino ad ora. Non è difficile immaginare il perché, ma il titolo fornisce già un buon indizio: in tutto il brano aleggia l'atmosfera R&B più pura, ricca e densa che si possa immaginare, intrecciata ad un motivo acustico vagamente latino. La performance vocale è molto intensa, la presenza nella canzone è ottima, la melodia lenta ma trascinante. Tutti questi aspetti fusi tra di loro fanno in modo che sia sempre piacevole incontrare a distanza questa vecchia conoscenza cantata in coreano. “Breath” è un ritorno alla musica dance ed elettronica: la canzone è giocata su incastri accurati e stratificazioni di suoni che la rendono più interessante della precedente “Set me free”. Eppure il limite del genere per Junsu tende a farsi sentire, dal momento che la sua voce impeccabile viene sminuita e offuscata nelle strofe, tanto che il rapper Double K è di gran lunga più inserito nell'aggressività del brano. Il ragazzo si destreggia meglio nel ritornello, ma purtroppo questa parte fondamentale della canzone (soprattutto se pop/dance!) necessiterebbe di maggiore incisività. “Almyeonseodo” è la classica ballata cantata col cuore, facile da seguire nella melodia lineare, per i soli inguaribili romantici. C'è poco da dire se non che è un pezzo dignitoso (forse un po' facile) ma che può coinvolgere più o meno a seconda della soggettività della persona. Lanciamo tuttavia un occhio di riguardo all'interpretazione, coinvolta e sempre abilissima nel suscitare empatia, del nostro cantante. Arriva il turno di “Lullaby”, la quale incede come una comune ballata (facendo temere in un noioso doppione del pezzo precedente), per poi prendere per fortuna la via del caldo R&B. Il ritmo è morbido e carezzevole, la voce dolce e suadente tanto che il brano pare quasi una versione rallentata di “Intoxication” in chiave più romantica. Un tocco finale piacevole è dato dall'inserto rap di Gaeko dei Dynamic Duo che, oltre ad essere ben fatto, tiene conto dell'atmosfera generale ed entra in essa. È un brano che consiglio di ascoltare slegato dal contesto della tracklist, dal momento che viene influenzata e quasi oscurata dal sentimentalismo più evidente di “Almyeonseodo”. “Fever” è l'ultimo brano dance della scaletta, il più cupo e finalmente incisivo. I suoni martellanti e decisi non sovrastano il cantante, ora dotato di maggiore disinvoltura vocale. Nel complesso è una canzone divertente come le altre, ma si vede che Junsu ha da lavorare di più sui pezzi dance per quanto riguarda la melodia. E' infine ora della chiusura, costituita non a caso da un lento, dal nome “Iseureul Meogeumeun Namu”. Si sa quanto il finale di un album sia importante (in quanto ha più probabilità di segnare l'opinione generale di un disco ed è un brano facile da ricordare in quanto l'ultimo all'ascolto) e, sinceramente, questo pezzo non è adatto per il ruolo, soprattutto considerando la quantità di ballate composte per il disco. A livello di arrangiamento gli espedienti sono gli stessi delle precedenti “Sarangi Sirtaguyo”, “Dolgo Dorado” e “Almyeonseodo”, mentre la voce nel ritornello è soffusa e sussurrata, il risultato però è ripetitivo; infatti, non essendoci neanche punti di maggiore interesse nella successione dei passaggi, risulta nel complesso discreto anche se nulla di speciale. “Tarantallegra” rappresenta per Junsu una buona prova iniziale, infatti la cura nella produzione dei brani è ravvisabile negli arrangiamenti e il nostro cantante è indubbiamente dotato di capacità interpretative eccelse. Il disco non è però esente da limiti: nelle ballate c'è il costante ricorso ad un tono omogeneo che punta sul classico sentimentalismo coreano senza uscire dalla comfort-zone, sul piano dance invece le melodie non emergono abbastanza. Tuttavia gli aspetti presi in considerazione rimangono comunque piccole imperfezioni rispetto al lavoro complessivo compiuto e al coraggio messo nella costruzione dell'album, tanto che non mancano canzoni che si ascoltino veramente con piacere. Qualità complessiva delle tracce: 7 Musica: 8 Voce: 9 Copertina: 5.5
7.38
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