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Kalafina
recensioni
di zefis90
Pubblicata il 14 Aprile 2010
Yuki Kajiura se ne inventa una più del diavolo: non si può veramente dire altro, se non che la creatività e il genio di questa donna siano mostruosi, sfuggendo ad ogni umana comprensione. Non paga dello splendido debutto nel lungo formato da parte della sua creazione, le Kalafina, si ripete un'altra (l'ennesima) volta, in grande stile, con il secondo disco del terzetto, “Red Moon”. Composizioni curate sotto ogni dettaglio, sperimentazione che a tratti sembra quasi far combaciare la musica etnica al più classico cantautorato, arrangiamenti mozzafiato, aggiungetevi anche tre delle voci migliori che l'offerta nipponica sa proporre (e il loro grosso contributo le ragazze lo danno eccome, non limitandosi infatti soltanto ad interpretare le canzoni nel miglior modo possibile, ma vivendole, rielaborandole come se fossero loro stesse le protagoniste del testo delle varie tracce), e le carte in regola per un disco coi controfiocchi ci sono tutte, resta solo da svelare il mistero di tale inopinabile grandezza, di tale incomparabile maestria. Ad aprire le danze è la title track “red moon”, e non ci poteva essere un esordio migliore per un disco simile. Magia, malinconia, incanto, estraniamento, tutto questo è raccontato nei sei minuti della traccia. Le ragazze hanno acquisito una maturità vocale spaventosa, oltre alla fenomenale tecnica hanno finalmente dominato anche l'espressività che nel primo album sembrava rimanere leggermente più sottotono, esternando ancora ulteriormente le loro emozioni, come se si trattasse di vivere il brano, e non semplicemente di cantarlo. La musica, semplice, è di grandissimo effetto, una ballata misteriosa, cupa a tratti, con archi che piroettano leggeri sopra un tappeto elettronico lieve e sfumato, e un apparto rock canonico, ma pur sempre affascinante, costante classica del disco, che cerca di costituire un punto di incontro tra passato e presente, tra classico e contemporaneo. Incredibile l'ultimo minuto del brano, un crescendo maestoso ed imperativo di grandezza e sontuosità, che ci prepara ad accogliere nel modo migliore la prossima traccia. “Hikari no senritsu” è la traccia più sorprendente e bizzarra dell'album, e a buona ragione anche una tra le migliori. Carosello poliedrico e goliardico, ci riporta indietro nel tempo, alla presa con allegri motivi medievali che avrebbero potuto benissimo trovarsi nell'ultimo lavoro dei Blackmore's Night, gruppo che del recupero di tematiche antiche ha fatto il suo stendardo. Singolo azzardatissimo, ha tuttavia premiato ancora una volta premiato la strabiliante genialità della Kajiura, che anche alle prese con tematiche avulse al contesto nipponico tout-court riesce ad esprimersi con originalità e spessore. Memorabile l'assolo di flauto all'interno del pezzo, una progressione strumentale che invece che stancare, interrompe al giusto punto il cantato delle tre ragazze e permette di godere al meglio degli arrangiamenti alla base del brano, un vero e proprio caleidoscopio di sensazioni ed immagini. Impronta decisamente diversa invece per la terza canzone: se nella precedente si era preso come riferimento l'Europa, in “Te to te to me to me” si cambia scenario ed immaginario, spostandosi verso il Medio Oriente. Sentori orientaleggianti (che sembra che vengano ripresi con fervore crescente da parte dei Giapponesi, basti pensare alla recente “Don't look back” di Ayumi Hamasaki) serpeggiano per tutta la durata della traccia, al ritmo di una sitar più sensuale che mai e di tamburi che scandiscono un ritmo tribale, a tratti quasi ancestrale. E come la musica getta una certa languida malia, lo stesso sembrano fare le Kalafina, scandendo una melodia fascinosa e seducente, che rimanda tanto a sapori lontani, proibiti. Un bel ritorno a sonorità da tempo dimenticate che spero vengano riprese e riadattate. “fantasia”, al contrario decide di puntare verso uno stile più contemporaneo ed attuale, trasferendo le coordinate verso un electrorock graffiante e deciso. Forse leggermente meno curiosa e trascinante a differenza dei precedenti tre pezzi, ha comunque il non semplice merito di non essere un filler pretenzioso e superfluo, convogliando l'esperienza musicale accumulata in tanti anni dalla Kajiura, che in questo caso effettua una stratificazione musicale complessa e assolutamente degnissima, un'interessante metodica per cogliere tutte le particolarità adottate nello stile Kalafina. “Haru wa ougon no yume no naka” cambia ancora una volta totalmente i connotati del disco, che oramai sembra essere più un pot-pourri di varie fragranze, un collage incantato, una suggestione poliedrica e visionaria a viaggio fra i più disparati generi e le più disorganiche influenze. In questo caso, le Kalafina interpretano un'intensa ed emozionale ballata di assoluto lirismo e di strabordante dolcezza. La strumentazione è stata decisamente ridotta al minimo, con giusto gli archi che ogni tanto effettuano qualche piccolo svolazzo a tratti, per il resto le voci delle tre ragazze sono le vere protagoniste del pezzo, eleganti, soffici, eteree, una vera delizia. Ma il meglio ancora non è giunto. Eh no, perché ci deve pensare l'iperbolica “Kyrie” a dimostrarci che la grandezza del disco ancora non si è svelata nel suo intero. Devo dire la verità, ero molto curioso dell'uscita di questo pezzo dal titolo greco (e di fatto, “Kyrie” è parte di una formula religiosa che anche durante i ritornelli viene recitata dal terzetto, ovverosia “Kyrie eleison”, che tradotto significa “Signore, aiutaci”), ma al contempo anche molto perplesso sulla piega che quest'ultimo avrebbe potuto assumere. Fortunatamente le mie ipotesi più nefaste si sono dimostrate negative, e al momento, sono convinto si tratti della prova migliore del disco. Elettronica techno dinamica ed irruente, chitarre sapienti e mai fini a sé stesse, tastiere cristalline, voci che paiono protendersi ad una litania sacrale, ad un'esclamazione accorata nei confronti del cielo, in perfetta antitesi con la “violenza” e la ritmica della musica sottostante, sicuramente non consona ad una performance del genere, e appunto per questo perfetta così. “Yami no uta” preferisce invece abbandonare le derive rock, a favore invece di un recupero di un'orchestrazione classica in tutta la sua grandezza e magniloquenza, dagli accenti spagnoleggianti, che al seguito di una chitarra propone un brano dai connotati quasi new age, con dei vocali sinuosi, flessuosi, incisivi ma al contempo delicati, proiettandosi su un ritmo di non semplice interpretazione. La variazione sul topos dell'orchestra, arricchita con elementi estranei e curiosi, qui si fa molto interessante, gli archi sono sferze sotto le esperte mani dei musicisti, l'elettronica, stavolta veramente in sottofondo, accentua tuttavia questo discorso di aspra vitalità della musica, in conclusione, decisamente un altro brano su cui prestare attenzione! In “Hoshi no utai” si è deciso di gettare nella mischia quanto finora si è potuto apprezzare nell'album, e cioè richiami etnici, sentori classici e anche quel pizzico di rock che dà un leggero brio alle canzoni. Detto così, sembrerebbe costituire un'accozzaglia incasinata senza alcuno sbocco, in realtà però la traccia, in generale, scorre che è un piacere e presenta degli assoli musicali niente male, specie quello al flauto che, come in “Hikari no senritsu”, è di una grandezza indiscutibile. Sicuramente niente di così sensazionale, alla fine questi ritorni etnici sono già stati sperimentati da molti altri artisti nel corso di questi ultimi anni, fatto sta che comunque il brano nel complesso funziona meravigliosamente e funge da incastro ottimo tra il precedente e “storia”. Altro pezzo dai caratteri medievaleggianti, a livello melodico è uno tra i più interessanti, a cavallo tra coralità, lirica e musica folk nel senso più lato del termine, intraprendendo una strada diversa dal solito per portare alla ribalta il lato più romantico del genere, che con il progetto Kalafina è veramente arrivato ad un grado di eccellenza. Un castone raro, un pezzo di difficile inquadramento complessivo, sicuramente un grower per coloro che non l'hanno apprezzata sin da subito nella sua solidità e nella sua complessità, cresce, ti striscia nelle vene e piano piano ti conquista. A seguire il breve “intermezzo”, che, come dice lo stesso titolo, è giusto una succinta interlude dai toni new age, velata ed intrisa di mistero, che ci fa immergere in suoni rarefatti e preziosi, un'altra piccola perlina prima del rush finale costituito dalle ultime tracce dell'album. E si parte alla grandissima: “progressive” è un altro brano immenso, un colosso della loro discografia e a mio avviso, uno dei migliori singoli usciti nel 2009 in Giappone. Anche stavolta si cerca di far confluire il passato col presente, di proporre una rivisitazione fresca e dirompente di sonorità passate mischiandole alle ultime diavolerie elettroniche. E anche qui infatti, vi è uso massiccio di sintetizzatori, di mixers, ma l'unione alla chitarra elettrica e al violino solista, capace di ergersi a coprotagonista della canzone insieme alle voci delle cantanti, scattanti e agili, delle saette su una traccia che fa del suo punto di forza la straordinaria versatilità della musica, una sorta di competizione sfrenata tra i sofisticati virtuosismi del violino e le algide armonie dei synths, un lavoro egregio di bilanciamento e compenetrazione delle varie parti all'interno della tessitura musicale che ha veramente dell'incredibile. Se non conoscete le Kalafina, io vi consiglio di partire proprio da questo pezzo, che in esso veramente si mostra nel modo migliore tutte le piccole sfumature di cui si compone la musica della formazione. “Lacrimosa”, uscita un anno fa in concomitanza col rilascio del primo album “Seventh Heaven”, mostra le tre ragazze alle prese con una ballata addolorata (da qui anche il titolo, che inquadra alla perfezione il contesto in cui si deve inserire il brano), dall'afflato anche stavolta sacrale, intimista, un urlo pieno di passione e di speranza, energico e vibrante, intensificato anche dalla carica mistica del coro in sottofondo, che getta proprio un'ombra di riverberi ancestrali su tutto il pezzo, l'ennesima trovata riuscita della Kajiura, che mette in collegamento, attraverso suddetta traccia, il primo disco col secondo. Conclusione degnissima con “I have a dream”, un'altra ballata, ma stavolta dal sentore più mattutino. Se ripenso alle emozioni che la traccia mi trasmette, mi sembra di svegliarmi ai primi raggi del sole e di osservare stupito e sereno l'alba, tale è proprio l'impressione di pacatezza e di tepore che mi riesce a tramettere. Dolce, sentimentale e raffinata, rappresenta un ottimo congedo da un album che lascia molte sensazioni, che chi ha amato sicuramente terrà nel suo cuore a lungo. L'edizione col DVD presenta un ottimo quadro delle grandi capacità delle Kalafina anche dal vivo, mostrandoci le loro inopinabili doti tecniche e la loro incredibile capacità di calarsi perfettamente nella parte che richiede il pezzo, presentandoci i live delle a-sides dei quattro singoli che hanno preceduto questa seconda splendida fatica, e un breve documentario dove si illustra, in sintesi, il resoconto dei cinque giorni trascorsi dal terzetto in quel di Boston, un interessante report per renderci conto della freschezza e dell'umiltà di queste ragazze, che hanno impreziosito il panorama giapponese con tre fra le voci più stupefacenti del periodo. Non serve aggiungere qualcos'altro a quanto detto, la Kajiura dimostra ancora una volta di essere veramente geniale e di avere una cura maniacale sulla qualità dei suoi prodotti, le ragazze possiedono delle flessioni vocali poderose e il loro contributo nell'album va ben'oltre quello di essere semplici interpreti di un lavoro creato da altri, in conclusione, una delle collaborazioni più fervide ed originali degli ultimi anni. Magari ne uscissero di dischi così più di frequente, piuttosto che assistere alla scialbissima deriva che il mainstream nipponico (perché bisogna considerare che il gruppo sta riscuotendo un considerevole successo, vista anche la non facile assimilazione di lavori del genere) sta subendo in anni recenti. Qualità complessiva delle tracce: 9.5 Musica: 10 Voce: 10 Copertina: 9 Copertina Limited Edition/First Press: 9.5 Contenuti DVD: 9
9.5
Media dei voti degli utenti: 9.88
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Deep_River
Voto: 10
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Una volta ogni tanto mi trovo d'accordo con la recensione xD
Sono d'accordissimo quasi con tutto, album stupendo... non ho altro da aggiungere alle descrizioni fatte da te... il mio gruppo preferito non mi ha mai deluso fino ad ora, anzi, continuano a sorprendermi ogni volta di più.
2010-04-14 23:53:44
#04
Yuichi
Voto: 10
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concordo su tutto con la recensione! *_* questo album lo trovo migliore rispetto al precedente, e mi ritrovo ad ascoltarlo spesso *w* la mia canzone preferita e To te to me to Me... *_*
2010-04-15 18:17:16
#05
Hiver Laurant
Voto: 10
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Concordo pienamente e mi piacciono molto le parole e gli aggettivi che ha usato zefis...in primo luogo posso dire che red moon è veramente fantastica, Wakana è superba, Hikaru è molto aggressiva(soprattutto nel ritornello) e l'iperbole finale di Keiko, con un assolo molto alto per la sua voce, sono stupendi. Hikari no senritsu veramente è l'esperimento meglio riuscito soprattutto quando Keiko dice:"kimi no moto e!" mi fa morire praticamente. Te to te to me to me(mani nelle mani, occhi negli occhi) è ipnotica, infatti dice sempre guru guru mawatte(gira gira intorno)e devo dire la verità sono rimasto sopreso da quanti vocal lead ha preso Keiko in questo album e ovviamente non posso che essere contento. Fantasia è molto trascinante e veloce, difficile da cantare. Haru wa kogane no yume no naka(ougon è solo la lettura on del kanji, quindi lo possiamo leggere anche "kogane") fa veramente piangere e mi ricorda fairytale ed è l'espressione piu vera del cosiddetto Japanesque(lo stile giapponese nelle canzoni pop). Kyrie è molto virtuosa, soprattutto l'inizio di Hikaru. Yami no uta è in realtà una self cover anche se molti nn lo sanno del The courtesy waltz di Yuki Kajiura e con la voce di Keiko è comunque un passo avanti rispetto alla versione originale. Hoshi no utai è la colonna sonora di Nobunaga no Yabou ed è azzeccata perché ricorda l Giappone antico. Poi vabbè che dire, storia è davvero la sintesi dell'antico e del moderno insieme. Anch'essa è una self cover e la versione originale si chiama Historia, cantata da Wakana in kajiurian(quella lingua che si sente anche nelle canzoni delle Kalafina o prima del testo in giapponese o nel chorus)Intermezzo è molto dolce, progressive è sicuramente il pezzo più innovativo, infatti nel video addirittura ballano. Lacrimosa è cosî maestosa e barocca che fa quasi paura...quando dice Mujihi na kamigami ni wa donna sakebi mo todoki wa shinai(=qualunque grido non arriverà mai agli dei crudeli)e I have a dream, penso che la Kajiura l'abbia scritta quando stava a Boston o sicuramente è ispirata da quell'esperienza perché ricorda molto una storia d'amore in un altro paese. C'è stato un passo avanti rispetto a Seventh Heaven, ma anche quello resta comunque una perla per me. Non vedo l'ora che mi arrivi la mia copia da Yes Asia.
2010-04-16 11:12:47
#07
Myanx
Voto: 10
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Incredibile. E' raro per me rimanere cosî stupefatto da un'intero album. Ho avuto davvero i brividi.
Si merita assolutamente il voto perfetto. Genialità di composizione... Il gruppo non si inquadra in un genere e cerca di esprimersi al meglio all'interno di quei canoni ma crea e persegue una propria estetica. Ogni pezzo è una cosa a sè, frutto di ispirazione e rifinito con cura. Emozionante come pochi.
2010-09-06 23:18:34
#09
Anna
Voto: 10
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*vede la recensione adesso xD* è davvero ben fatta, concordo su tutto *-* è uno dei dischi più belli che abbia mai sentito, assieme a seventh heaven...e poi le kalafina sono bravissime... i testi e le musiche sono cosî raffinate e particolari
2010-10-29 22:40:06
#11
Anonimo
Voto: 10
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E' un disco meraviglioso, direi il mio preferito, le canzoni sono tutte splendide e le voci delle ragazze sublimi come la musica del resto. Il mio voto è un 10 pieno e meritato.
2011-11-06 17:10:26
#12
Freemaxwolf
Voto: 10
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Album meraviglioso, come stupenda la recensione. Geniale l’abbinamento fatto di Hikari no senritsu con i Blackmore’s Night (gruppo che peraltro apprezzo) . Il CD si apre alla grande con tre splendidi pezzi, tra i miei preferiti: red moon, la già citata Hikari no senritsu e il simil scioglilingua Te to te to me to me. Altri brani che prediligo sono Storia e Progressive. In Yami no uta mi pare di percepire nell’attacco anche qualche richiamo alla musica tzigana e/o balcanica. Nessuna canzone appare fuori posto. Difficile per me scegliere quale tra il primo album e questo sia migliore, entrambi hanno delle canzoni indimenticabili, forse in questo è aumentata la coesione tra le superbe voci di Keiko (molto bella, non solo la voce), Haruki e Wakana. Senza dimenticare la compositrice Yuki Kajiura. Sicuramente uno tra gli album più belli e sconvolgenti ascoltato durante questo anno. Penso che vederle dal vivo in un concerto sarebbe uno spettacolo emozionante. Altamente raccomandato.
2013-10-19 22:25:14
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Pubblicato il 07⁄02⁄2016 | Scritto da Bobby Drake
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Pubblicato il 27⁄09⁄2015 | Scritto da Bobby Drake
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